Ancora ChatGPT? Vi dico la mia
Forse sono l’unico copywriter, l’unico che tratta la ricerca di nomi, payoff, claim, headline, ecc.. l’unico 𝘰𝘱𝘦𝘳𝘢𝘪𝘰 della comunicazione insomma, a non essere spaventato dall’ascesa di questo signore: ChatGPT.
Non dico che non possa essere utile o che non sia, di suo, già prodigioso così. Non escludo neanche che un giorno, a suon di miliardi investiti, non diventi la piattaforma di riferimento per tutti i professionisti che lavorano nella comunicazione. Anzi, mi spingo oltre, “che non diventi la piattaforma di riferimento per tutti i professionisti”.
Tuttavia, per me non lo è ancora
No, non voglio sfidare Elon Musk, Sam Altman e tutto il team di OpenAI ma, in termini di creatività, siamo ben lontani dal raggiungere quella miccia, quell’imprevedibilità umana (spaventosa e affascinante) che è ciò che ci differenza.
Che ha partorito geni, matematici, artisti, musicisti ecc.
Molto sinteticamente, in termini di copy, non ho ricevuto dalla piattaforma ciò che mi aspettavo. Alla ricerca di un nome per l’attività di una cliente, dopo aver formulato le prime proposte, ho (appassionatamente e curiosamente) voluto stressare l’intelligenza artificiale con domande su domande.
Ho riscontrato, in generale:
- una mancanza di originalità;
- la combinazione a casaccio di parole;
- una sordità rispetto ai suoni e ai fonemi che le lettere suscitano nell’inconscio dell’essere umano quando sono combinate le une alle altre;
- il tentativo di convincermi che alcune opzioni erano valide quando non lo erano affatto per evidenti nefandezze culturali (corretti successivamente dalla macchina con tanto di “scuse”).
Nella scrittura di articoli e post social non siamo lontani dai punti sopra elencati. Si ottengono dei buoni risultati, dei risultati che possono essere presi come fonte d’ispirazione, certo, ma ancora privi di figure retoriche e giochi di parole. La risposta della macchina rimane asettica, troppo robotica per spiccare il volo.
Forse il problema non è la macchina
Se la interrogate bene, ChatGPT non ha problemi ad ammettere i suoi limiti e i suoi schemi. Il problema è, al solito, chi crede che una piattaforma possa risolvere tutti i suoi problemi (di comunicazione e non). Chi si presenta a un cliente con un output elaborato sulla base di domande mirate, nella convinzione che qualche aggiustamento possa bastare a fare il suo lavoro. Lo sbaglio, semmai, è questo.
In conclusione
Si parla tanto di dipendenza da ChatGPT. A oggi, 11:53 del 28 giugno, l’unica dipendenza che credo di avere, ha a che fare con le granite. L’estate è iniziata e la pasticceria con l’insegna verde allocata sotto casa, minaccia la mia forma fisica.